Le pagine di William Dozza


27/11/03

GLI ARGOMENTI DEL MESE.

Riflessioni autunnali.
All’Eima niente di nuovo.
Viste e riviste (naturalmente parlano di mezzi storici) .
Storia della “piccola”.
Il colore del Landini L25.
Caratteristiche dell’Eron 18.



Riflessioni autunnali
San Martino. “La nebbia agli irti colli piovigginando sale, e sotto il maestrale urla e biancheggia il mar. ” Caro Giosuè sei messo male. Nessuno manda più a memoria i tuoi dolci versi che bastava cominciare e ti colavano addosso come melassa: “T’amo o pio bove e mite un sentimento…L’albero a cui tendevi la pargoletta mano…” Oggi non abbiamo tempo da perdere: la pioggia è un uragano; dei buoi abbiamo fatto bistecche, degli alberi carta. La civiltà ha fretta e lo sforzo più grande è studiare come sfilare di tasca i quattrini a quelli (pochi) che lavorano.
San Michele o San Martino. 11 novembre, San Martino: al nord è sinonimo di “trasloco”. In Emilia-Romagna si chiama “San Michele” per via che i traslochi avvengono il 29 settembre: volete mettere com’è più piacevole spostare mobili e materassi senza quelle nebbioline che penetrano nelle ossa… Ma chi è questo San Martino che taglia il mantello per darne metà al poveretto col risultato che stanno freddi tutti e due: un santo che si rispetti come minimo regala un cappotto e un sacco a pelo! Volete mettere Michele, che santo non è ma che viene chiamato così come ti chiamano dottore da Roma in giù. Michele per cominciare è un arcangelo, che è una specie di generale al quale gli angeli gli devono obbedienza. Basta un cenno del Padreterno perché Michele intervenga e ti spedisca da qualche parte poco comoda. Ne sa qualcosa Lucifero che aveva fondato un partito, “Forza Paradiso”, si era montato la testa, si era fatto eleggere a capo della CdP - Casa del Paradiso - e mirava alla presidenza dell’universo. Bisognerà spiegare a Bossi che i padani non sono tutti uguali e che non sarà facile unirli prima di uniformare almeno i santi principali.


All’Eima niente di nuovo
Novembre è il mese dell’Eima che da 34 anni si svolge a Bologna, paese d’elezione di San Michele. Quest’anno erano presenti 1763 espositori dei quali 427 provenienti da 43 paesi. Ovvio che ci sono andato per i trattori, quelli moderni, e ne ho visti di tutti i colori e di tutte le cilindrate. Ovvio che ho cercato gli storici: nemmeno l’ombra, salvo qualche foto nello stand del gruppo Same dove lo scorso anno c’erano alcuni interessanti pezzi. In compenso c’era una doppia vetrina nella quale si dava notizia dell’esistenza di un centro di documentazione storica della azienda, al quale si possono rivolgere gli appassionati che desiderano informazioni sui loro modelli. La cosa ci fa molto piacere perché purtroppo, quando abbiamo avuto bisogno di notizie storiche sui marchi Same o Lamborghini non abbiamo trovato molte cose, che invece abbiamo ottenuto per il marchio Hurlimann.


Viste e riviste (naturalmente parlano di mezzi storici)
Macchine Trattori d’epoca Se i trattori storici erano latitanti, presente era la stampa. “Macchine trattori” ha presentato la raccolta degli articoli apparsi sulla rivista negli anni precedenti: 65 pagine non tanto interessanti perché le ho scritte io, ma perché nella ristampa sono stati tolti quasi tutte quelle imprecisioni o errori di stampa che purtroppo capitano in tutti i giornali. Chi vuole può chiedere alla redazione al prezzo di 4 euro.
MAD - Macchine Agricole Domani. La novità più succosa tuttavia proviene dal gruppo giornalistico de “l’Informatore Agrario”, il settimanale leader del settore che ha deciso di realizzare una nuova rivista mensile che partirà da gennaio del prossimo anno. Si chiama MAD - Macchine Agricole Domani - e fra le tante pagine di materiale moderno, ne dedicherà un paio ai mezzi storici che non saranno solo trattori, ma anche trebbie, falciatrici, mietilega e via dicendo. Nel numero zero che è stato presentato all’Eima, l’epoca era rappresentata dal trattore a cingoli Ansaldo TCA70. Gli interessati possono leggere questo articolo e quant’altro, nel sito:
www.macchineagricoledomani.it

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GRANDE quella “piccola” !
“la piccola” è il solo trattore Fiat che abbia un nome. Tutti gli altri hanno avuto e hanno un numero o una sigla. Anche il 40 C, chiamato “Boghetto”, non era ufficiale. Per il periodo rappresentò un fenomeno che vale la pena di conoscere. Ho chiesto all’ingegner Nicola de Biase, collezionista appassionato di questo modello, di illustrarci gli aspetti storico e tecnici de “la piccola”. (nota: la scritta è tutta in minuscolo così come appare sul veicolo e nella pubblicità)


La storia
“Nel 1957 la Fiat lanciò sul mercato due macchine destinate a non passare inosservate: l’automobile modello "700" e il trattore 18 “la piccola”.
L’auto durò trenta anni, il trattore solo due ma con i derivati raggiunse la ventina che non sono pochi. Tra le macchine dei campi “la piccola” arrivò come un bolide: 2500 esemplari immatricolati il primo anno, il trattore più venduto sul mercato e, per dare un’idea che cosa rappresentasse quella cifra, la Landini in tutto vendette 1832 esemplari e la Same 2192.
Cosa aveva di così eclatante questo veicolo per suscitare tanto entusiasmo? La Fiat era una casa di prestigio che aveva sul mercato dei buoni prodotti, ma certamente fu anche il prezzo di 680 mila lire che stracciò i concorrenti più agguerriti come il Sametto, L’Oto e la Landinetta che viaggiavano a circa 400 cento mila lire in più. L’anno dopo la Fiat ci ripensò aumentando il prezzo a 910 mila lire e la differenza si ridusse di conseguenza.


La meccanica
La piccola sfruttava una impostazione strutturale già collaudata in altri trattori della sua stessa classe: “il trattore per grandi lavori della piccola azienda e per piccoli lavori della grande azienda”; parliamo ad esempio dell’Allis Chalmers B e del Massey Harris Pony. La Fiat utilizzò per la Piccola un gruppo cambio-differenziale, con annessi lateralmente i gruppi riduttori, che posteriormente ospitava due prese di forza ed anteriormente era flangiato ad un telaio in acciaio a sezione quadrata che a circa metà macchina si divideva in due bracci al cui interno era alloggiato il motore-frizione. Un simpatico cofano incernierato anteriormente, e sagomato su un gradevole e razionale cruscotto, proteggeva il radiatore,il motore, la batteria ed il serbatoio del combustibile.

La potenza del motore era scaricata al suolo da un cambio a sei marce avanti e due retromarce ed era disponibile all’albero di una presa di forza unificata e di un presa di moto che girava agli stessi giri del motore. La leva era unica e la doppia retromarcia, una per ogni gamma di velocità, la rendeva contemporaneamente una macchina agile e sicura. Interessante caratteristica disponibile di serie era anche la presa di forza sincronizzata che tanto si prestò a vari utilizzi.

Il motore diesel a precamera con candelette, raffreddato ad acqua, bicilindrico, della potenza di 18 CV, aveva un avviamento un po’ faticoso che in caso di non perfetta efficienza dell’impianto elettrico rendeva la macchina praticamente impossibile da avviare. Ma una volta in moto chiunque era in grado di apprezzare la vivacità e la parsimonia di questo propulsore, mezzo motore del fratello maggiore Fiat 411.

Il sollevatore, solo a posizione controllata, era onesto e sollevava tutti gli attrezzi che il trattore era in grado di azionare. Poteva inoltre accoppiare sia attrezzi posteriori che ventrali.

I centosettanta centimetri di passo conferivano alla macchina una ottima stabilità nonostante i suoi generosi cinquanta centimetri di distanza da terra. Lo sterzo era leggero, diretto e preciso donava all’operatore il pieno controllo del veicolo sia in marcia veloce su strada sia in pieno campo.

Da questo modello capostipite, offerto in diverse versioni, ne derivarono altri nei due decenni futuri per un totale di oltre trenta versioni, ottenute a volte per semplice ricombinazione degli elementi strutturali.




Ieri e Oggi
Storicamente questa “bicicletta” dei campi ha partecipato a pieno titolo alla meccanizzazione di massa degli anni a cavallo degli sessanta. Forse non c’è agricoltore che non la conosca, almeno di nome. E’ rimasta nei sentimenti di tutti e nel gergo del settore agricolo non ha mai cambiato nome: è stata “la piccola” per sempre. Le sigle dei modelli e delle versioni successive non ne hanno cancellato la traccia nella memoria perché a questo nome non sono state associate delusioni o promesse disattese.

Oggi nel mondo del collezionismo non è molto quotata, o meglio il taglio medio del collezionismo non riesce ad apprezzare questa ed altre macchine che custodiscono, nei loro segni del tempo, ancora speranze di cui il mondo contadino è stato sempre prodigo. Qualcuno che ne possiede un esemplare a volte non conosce nemmeno, e non gli interessa nemmeno tanto sapere, il modello o la versione esatta ma è solo una “piccola” non per affetto ma solo per la mancanza di amore verso la macchina che ha portato a casa.

Ne esistono tante in giro: alcune in esercizio, alcune in vendita da privati, altre in attesa di un improbabile acquirente presso tanti commercianti di macchine agricole. E’ una macchina semplice: si smonta con pochissime chiavi ed è leggera. Tante sono state riparate nelle nostre campagne da persone più o meno esperte. Addirittura i bulloni passanti hanno la testa della vite diversa dalla testa del dado in modo da poter usare una sola serie di chiavi, non due. E’ semplice da riparare e semplice da completare oggi vista la generosa disponibilità di ricambi dai tanti demolitori.

caratteristiche tecniche de "la piccola" e versioni derivate
  modello   18 la piccola   18 la piccola   18 la piccola   18 la piccola
  versione   (normale)   frutteto   Vigneto   montanina
  motore   Fiat 614.000   Fiat 614.000   Fiat 614.000   Fiat 614.000
  potenza Cv/giri   18/2200   18/2200   18/2200   18/2200
  combustibile   gasolio   gasolio   gasolio   gasolio
  cilindrata cm3 (ale/corsa)   1135 (95/110)   1135 (95/110)   1135 (95/110)   1135 (95/110)
  ciclo/raffreddamento   Diesel   Diesel   Diesel   Diesel
  cilindri, disposizione   2 in linea   2 in linea   2 in linea   2 in linea
  numero marce/RM   6/2   6/2   6/2   6/2
  velocità min/max kmh   1.9 / 20.3   1.9 / 20.3   1.9 / 20.3   1.9 / 20.3
  serb. carburante litri   24   24   24   24
  consumo orario medio Kg   1.5   1.5   1.5   1.5
  pneumatici ant/post   4.00-15 / 8-24   4.00-15 / 8-24   4.00-15 / 8-24   7.50-20 / 7.50-20
  lunghezza max m.   2,595   2,60   2,65   2,90
  larghezza max m./min m.   1,910 / 1,380   1,910 / 1,380   1,50 / 1,00   1,76 / 1,34
  altezza max m   1,54   1,31   1,31   B1,41
  passo m.   1,70   1,52   1,52   1,41
  peso kg   830   925   905   1100
  anno produz: inizio/fine   1957-1958   1957-1958   1957-1958   1958
  note   -   Peso con zavorre ant. Kg.1000   Peso con zavorre ant. Kg.1000   Quattro ruote motrici e sterzanti

Produzione complessiva stimata in circa 10.000 unità prodotte dal 1957 al 1958.


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Il colore del Landini L25.
Bruno mi scrive:

“Sono diventato da poco possessore di un LANDINI L25 del 1957 perfettamente funzionante. E' verniciato di un colore blu scuro-grigio un po' strano che non ho mai visto.Mi è stato detto che in quel periodo alcune serie vennero effettivamente verniciate con tale colore. E' vero? Se si, mi potrebbe aiutare a identificare questo colore? Queste informazioni mi servirebbero per una serie di ritocchi o per l'eventuale riverniciatura.”

Caro Bruno, personalmente non ho mai visto un L25 di colore diverso dal “grigio macchine” con toni a volte un po’ pallidi oppure tendenti al pisello. Un tono di blu non l’ho mai visto, ma non è detto che non sia esistito; C’è qualcuno che ha visto questo colore?
Grazie per informarmi che riferirò.



Trattore Eron 18 cavalli.
Walter chiede:

Buongiorno, mi scusi se mi permetto di disturbare, ma sono in procinto di acquistare un Eron da 18 cavalli, il modello esatto non me lo ricordo. Girovagando in Internet ho visto che lei se ne intende e desidererei sapere se quel trattorino datato 1962 ha un valore storico oppure e' soltanto un "vecchio lavoratore"! Premetto che io lo comprerei per usarlo su dei terrazzamenti con annessa fresa e piccolo aratro, in piu' per il trasporto di materiali ecc. Mi e' stato chiesta una cifra di 3 milioni di lire, il mezzo e' totalmente riverniciato e apparentemente in buono stato. Vorrei sapere se e' una cifra congrua, se il suo valore e' minore o maggiore e se in caso di necessita' sia ancora possibile reperire eventuali pezzi di ricambio! Ed eventualmente se avevano dei difetti congeniti.

Caro Walter,
l'Eron era un signor trattore e aveva il torto di avere un prezzo superiore ai concorrenti.
Il suo dovrebbe avere il motore Meroni D18 di 1185 cm3 erogante 17 cv a 1600 giri. Venne costruito dal 1953 sino al 1961 in 1111 esemplari. Nel 1955 costava 1.300.000 lire.
Non posso sapere come si comporterà il suo esemplare, ma il mio consiglio è di provarlo in tutte le configurazioni prima dell'acquisto. Se tutto funziona regolarmente, 1"700" euro rappresentano un prezzo corretto. Il campo poi non deve essere troppo grande: la macchina ha 50 anni, avrà lavorato e da lei non potrà chiedere quegli sforzi che può pretendere da una macchina nuova e moderna il cui costo si aggira sui 10-12 mila euro.
Circa i ricambi, dipende dove lei abita: se fosse nel trapanese, direi di si. In Piemonte e in Lombardia, nessun problema anche se i bravi meccanici sono rari (ma lo sono per tutti i veicoli e non solo per l'Eron).
In bocca al lupo
William